La Casa de Quarantena

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Oggi mi sento di inaugurare una nuova sottocategoria del blog con un nome sobrio, qualcosa come “io e le mie idee del cazzo” perché si presta al 100% alla causa.

Dopo aver ignorato, all’inizio con un po’ di tiepida perplessità e successivamente con un po’ di esasperazione a causa della massiccia sovraesposizione mediatica e mercificazione nauseabonda di quella canzone bellissima che è Bella Ciao (che i remix e l’uso improprio ancora mi causano un cringe cosmico e non mi passerà mai) la serie spagnola La Casa di Carta, circa un anno fa (ma forse di più) gli addetti al casting hanno pensato di aggiungere al cast Rodrigo de la Serna.

Beh insomma, a quel punto mi sono sentita toccata sul personale perché continuavo a non essere veramente interessata alla serie, ma iniziavo ad accusarne la nostalgia perché non lo vedevo in un film da secoli (e ci sarebbero stati i sottotitoli!) ma non ho ceduto.

In ogni caso: AFFRONTO.

Recentemente è andata in onda la quarta stagione e avevo anche trovato orde di spoiler su twitter, per non parlare di pezzi di episodi. A quel punto avevo un briciolo di più il tarlo di fare un tentativo, ma avevo paura di non aver fatto sufficientemente parkour con i tweet della gente che non tagga nemmeno la propria madre.

La settimana scorsa ero, in primis distrutta dalla seconda stagione bellissima di After Life e avevo bisogno di qualcosa di allegro, ma soprattutto per seconda cosa ero pienissima di tutte le macchinazioni e gombloddi legati all’ultimo decreto legislativo per la fase due su ogni social, quindi ho acceso netflix e ho ceduto.

Ho iniziato a vedere la Casa di Carta.
(o meglio, ho iniziato e finito di vedere La Casa di Carta)

E niente, boh, è stato come ricadere nella tossicodipendenza da serie tv dei bei tempi di The Americans. Ho visto quattro stagioni in una settimana e ora non so più che fare della mia vita.

Sono pronta ad ammettere le mie colpe.

La Casa di Carta è un prodotto divertente, decisamente sopra le righe che non saprei nemmeno bene classificare perché è tante cose diverse tutte insieme.
Forse dramedy è il termine che gli si avvicina di più anche se a un certo punto ho deciso che è una telenovela ignorante a tutti gli effetti che ti incolla allo schermo, velata di trash (non guardatemi male, è vero e se negate mentite) ma di quello che si lascia guardare perché è trash casinista.
È una serie strapiena di colpi di scena che temevo a un certo punto fossero pure fin troppi (mi è successo in passato, lo dico proprio perché come in questa circostanza guardavo un episodio dietro l’altro e non ce la stavo facendo più) con personaggi ben caratterizzati che in realtà si scoprono un po’ alla volta andando avanti con la narrazione e che colpiscono ai fianchi quando meno te l’aspetti, quindi non puoi non affezionartici.
Inoltre, considerata la genesi e la storia travagliata del prodotto a tutto tondo, non so come abbiano poi fatto a recuperarlo, ridargli vita nuova e mantenere un così alto livello anche nella terza e nella quarta stagione, ma ce l’hanno fatta e bisogna fargli un applauso.

È un prodotto talmente esagerato e incasinato che non saprei nemmeno da che parte iniziare a parlarne nel dettaglio perché oltre a dire che un gruppo di ladri professionisti con nomi di città, reclutati da El Profesor (Alvaro Morte) occupano la zecca di Spagna facendo ostaggi per stampare milioni su milioni di Euro, si rischia concretamente lo spoiler.
E nonostante io possa essere abbastanza presuntuosamente convinta di essere ormai una delle poche anime candide svegliatesi nel 2020 a vedere La Casa di Carta sono abbastanza sicura che ce ne siano altrettante che non sono ancora cadute nella tela del ragno.

Io voglio la quinta stagione, adesso.
Fate sparire il coronavirus che a sto punto chissà quando torneranno tutti sul set.
Nessuno mi ridarà indietro i neuroni che ho perso in sette giorni e men che meno il tempo passato a cercare i video di Pedro Alonso perché è l’ennesimo “problema” che ho vinto e io non parlo spagnolo ma qualcosa capisco.

original

dove si compra?

Rodrigo è colpa tua.

tenor

No

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